Relazione: Dal Bilancio sociale al Bilancio per i diritti

A cura di: Daniela Bucci

 

Dal Bilancio sociale al Bilancio per i diritti

 

Testo della relazione

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Il titolo del modulo formativo “dal bilancio sociale al bilancio per i diritti” nasce dalla volontà di discutere e costruire a livello territoriale un percorso che accompagni la Federazione, e tutte le sue articolazioni locali, nel tentativo di costruire uno strumento di rendicontazione sociale che permetta di rendere visibili le azioni che il mondo associativo mette in campo per contrastare le discriminazioni e promuovere i diritti delle persone con disabilità.

L’approvazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità richiede infatti che le associazioni di e per le persone con disabilità rendano conto di come e in che misura utilizzino le risorse economiche e umane di cui dispongono per contrastare le diverse forme di discriminazione di cui sono vittime le persone con disabilità.

Ora questo discorso sulla rendicontazione sociale potrebbe apparire fuori luogo se lo mettiamo in relazione al periodo che stiamo vivendo, caratterizzato dalla crisi economica, dal quasi azzeramento del FNPS, dall’azzeramento del Fondo per le non autosufficienze e dalla riduzione degli altri Fondi di natura sociale, dal drastico taglio dei trasferimenti agli enti locali, dal maggior rischio di impoverimento delle famiglie con all’interno almeno un membro con disabilità. Tuttavia, in generale, e forse a maggior ragione in un periodo come questo, in cui la scarsità delle risorse impegnate mette in discussione l’esistenza stessa dei servizi e degli interventi destinati alla disabilità così come noi li conosciamo, allora diventa ancora più cruciale sapere noi per primi e poi rendere visibile agli altri l’uso che facciamo delle risorse economiche e umane, rendere conto del loro utilizzo nell’ottica della promozione dei diritti, e quindi guardare all’impatto che le nostre azioni hanno sulla vita delle persone.

Le due immagini utilizzate nella prima slide stanno a significare l’esigenza di realizzare un passaggio nelle nostre convinzioni da un’idea del bilancio, e quindi della rendicontazione, come attività onerosa, pesante, vissuta come puro adempimento formale, ad un’idea della rendicontazione come strumento fondamentale per capire meglio casa facciamo, se quello che facciamo ha un impatto sulla vita delle persone e in che misura, quindi come strumento di valutazione, ma anche come strumento di comunicazione, di racconto all’esterno, e in primi luogo ai diretti interessati, degli esiti della nostra valutazione.

Per addentrarci in questo tema cerchiamo quindi di capire cosa intendiamo con questi due concetti che rappresentano i termini del nostro problema: bilancio sociale e bilancio per i diritti.

 

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Iniziamo dal bilancio sociale.

In questa slide possiamo osservare graficamente un complesso di insieme che ci permettono di identificare la posizione e la funzione del bilancio sociale.

Il bilancio sociale è uno strumento di rendicontazione sociale, che affiancandosi agli strumenti di rendicontazione contabile, quali il bilancio di esercizio, permette di rendicontare l’attività di un organizzazione non solo da un punto di vista economico e patrimoniale ma anche sociale, assolvendo complessivamente ad una funzione di accountability.

 

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Cosa significa accountability?

Accountability è una parola inglese che esprime un concetto che non trova un preciso equivalente in italiano. Significa dar conto, nel senso di rendicontare. Ma, in una accezione più ampia, fa riferimento anche all’essere responsabile di qualcosa verso qualcuno.

Essere accountable implica, quindi, per un’organizzazione accettare di rendere conto dei propri comportamenti e degli effetti della propria attività.

 

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Nell’ambito dell’attività di rendicontazione, la rendicontazione sociale è il processo con il quale l’impresa “rende il conto” agli stakeholder della propria responsabilità sociale.

Il tentativo della rendicontazione sociale è quello di evidenziare in modo quanto più oggettivo possibile la coerenza tra affermazioni di principio e risultati ottenuti, fornendo agli stakeholder informazioni utili sulla qualità delle attività dell’organizzazione, anche attraverso indicatori e parametri quantitativi.

Ciò significa che il racconto, la narrazione, sono anch’essi strumenti di rendicontazione sociale, ma dovrebbero essere accompagnati anche da dati quantitativi che ci diano una misura, per quanto è possibile, dei risultati ottenuti, e dell’impatto che essi hanno esercitato sulle persone e le comunità.

Strumenti di rendicontazione sociale sono: bilancio sociale, bilancio ambientale, bilancio di sostenibilità, bilancio di missione, bilancio di mandato, bilancio di genere.

Strumenti diversi a secondo del punto di vista che si adotta per rendicontare la responsabilità sociale dell’organizzazione.

 

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Il bilancio sociale è dunque uno strumento di rendicontazione sociale. Come si legge nelle Linee guida e schemi per la redazione del bilancio sociale delle organizzazioni non profit dell’Agenzia per il terzo settore (scaricabili on line), il bilancio sociale è uno strumento di accountability, ossia di rendicontazione delle responsabilità, dei comportamenti e dei risultati sociali, ambientali ed economici delle attività svolte da un’organizzazione.

Tale documento ha il fine di offrire un’informativa strutturata e puntuale a tutti i soggetti interessati non ottenibile a mezzo della sola informazione economica contenuta nel bilancio di esercizio.

 

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Perché quindi dovremmo fare il bilancio sociale e verso chi lo dovremmo indirizzare?

Ma il bilancio sociale può anche:

Questi ultimi due punti consentono in particolare di mettere in luce criticità, limiti e potenzialità dell’organizzazione, e rappresentano quindi un’opportunità per lo sviluppo dell’organizzazione stessa.

 

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In questa direzione, è possibile individuare due approcci al tema della rendicontazione sociale e degli strumenti tramite i quali essa viene realizzata:

Il bilancio sociale, dunque, non va pensato solo come una forma di promozione di un’organizzazione, per qualificarla maggiormente nel proprio “mercato”, ma come uno strumento di miglioramento dell’organizzazione stessa, attraverso un processo di valutazione partecipata.

 

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E adesso passiamo ai contenuti del bilancio sociale, a come si fa e di quali parti si compone.

In proposito le linee guida dell’Agenzia per il terzo settore offrono indicazioni sui contenuti del bilancio sociale e forniscono strumenti operativi per la sua stesura.

In particolare, esse propongono un indice di redazione del bilancio sociale, che è articolato in modo da evidenziare:

Parte 1: Introduzione e nota metodologica

Parte 2: Caratteristiche istituzionali ed organizzative

Parte 3: Aree di attività e relativi risultati sociali

Parte 4: Risultati economici e ambientali

Parte 5: Obiettivi di miglioramento e questionario di valutazione

 

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Come si arriva a dotare di contenuto questo indice?

Le linee guida forniscono degli strumenti operativi per la raccolta e la sistematizzazione delle informazioni, che sono le schede comuni (che riguardano le informazioni comuni a tutte le organizzazioni non profit e sono quindi applicabili alla generalità delle organizzazioni) e le schede specifiche (che riguardano le informazioni specifiche delle singole organizzazioni e devono quindi essere selezionate in base alle caratteristiche distintive).

In riferimento a ciascuna scheda (sia comune sia specifica) le informazioni devono poi essere distinte in due categorie:

In conclusione un’organizzazione non profit per redigere il proprio bilancio sociale, in conformità alle linee guida, deve:

 

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Vediamo a questo punto concretamente quali sono questi strumenti operative, le schede comuni e le schede specifiche, e iniziamo dalle schede comuni che sono quelle valide per tutte le organizzazioni non profit. Esse sono relative alle informazioni di carattere generale, alle caratteristiche istituzionali e organizzative del soggetto che realizza il bilancio sociale e alla dimensione economica e ambientale dell’organizzazione. Facciamo degli esempi, le schede comuni sono quelle che hanno a che fare con l’identità dell’organizzazione, con il suo assetto istituzionale, con la struttura organizzativa, con la dimensione economica, ecc.

In altre parole queste schede comuni devono essere prese in considerazione e compilate da tutte le organizzazioni che si apprestano a realizzare il bilancio sociale secondo le Linee guida dell’Agenzia per il terzo settore.

 

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Le schede specifiche sono invece quelle schede che ciascuna organizzazione deve scegliere sulla base delle proprie caratteristiche, della propria mission, della propria attività. Per cui ad esempio la Federazione nel momento in cui si dovesse apprestare a realizzare il proprio bilancio sociale sulla base delle Linee guida non potrebbe non prendere in considerazione la scheda n.29 sui Diritti umani.

Nello spiegare i contenuti del bilancio sociale ho illustrato le indicazioni dell’Agenzia per il terzo settore perché, quando si approccia un tema come quello del bilancio sociale rispetto al quale esistono già delle esperienze e degli sforzi di sistematizzazione teorica e operativa, non vale la pena ricominciare sempre da capo e inventare nuovi strumenti, quanto piuttosto è opportuno partire da quelli già esistenti allo scopo di renderli quanto più possibili a misura delle nostra organizzazione. E ciò ci permette di ottenere una serie di vantaggi:

 

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Proprio in quest’ottica parliamo di passaggio dal bilancio sociale al bilancio dei diritti, perché il bilancio per i diritti non è altro che quel tipo di bilancio sociale che ci permette di rendicontare la nostra responsabilità sociale nel promuovere i diritti delle persone con disabilità e combattere le diverse forme di discriminazione.

Quindi, se ci sono chiari il significato e gli obiettivi della rendicontazione sociale, se teniamo conto dei due approcci (quello del prodotto e quello del processo) e se consideriamo le nostre specificità, gli aspetti su cui dobbiamo lavorare per arrivare al nostro bilancio per i diritti sono tre:

1. la forma del bilancio sociale (intesa in termini di prodotto);

2. la metodologia applicata (in termini di processo più o meno partecipativo);

3. e in mezzo gli indicatori utilizzati nella rendicontazione (capaci di misurare il “valore” di ciò che l’organizzazione realizza), e che sono quelli strumenti di misurazione che ci permettono di valutare, anche da un punto di vista quantitativo, ciò che noi facciamo in termini di risultati e di impatti. E, poiché ciò che noi facciamo è “vendere diritti”, occorrerà quindi costruire degli indicatori funzionali a misurare questa mission e quindi l’impatto delle nostre azioni sulla vita delle persone.

PRODOTTO: Riguardo il primo aspetto, tutti abbiamo ben presente almeno un bilancio sociale di una qualche organizzazione, pubblica o privata, profit o non profit, che si caratterizza per la sua “inefficacia” come strumento di comunicazione: un tomo enorme, spesso descrittivo, pieno di parole, che in qualche modo “pubblicizza” l’organizzazione, tentando di perseguire quella funzione di promozione e qualificazione di cui si parlava prima. In questa direzione, se l’obiettivo è di rendere conto ai propri stakeholders e di informare i soggetti terzi rispetto ai risultati prodotti nel tempo in funzione degli obiettivi che ci si era prefissati e della propria missione, occorrerà immaginare un prodotto più agevole, facilmente leggibile e comprensibile, che evidenzi i risultati ottenuti nella promozione dei diritti umani.

INDICATORI: Ciò si collega all’importanza cruciale di individuare indicatori sintetici che ci permettano di cogliere il valore delle nostre attività in funzione della nostra mission. In questa direzione, e soprattutto in una prima fase di sperimentazione del nostro bilancio sociale, non è fondamentale, a mio avviso, raccogliere tutte le informazioni possibili e ottenibili, ma concentrarsi su quelle che riteniamo più significative. Per questo uno sforzo fondamentale deve essere fatto nell’individuare indicatori che ci permettano di misurare i cosiddetti beni intangibili, tanto più in un’organizzazione come la Federazione che non produce bene e non eroga servizi, ma “vende diritti”, per cui ad esempio è importante sapere quante persone con disabilità sono impiegate all’interno della nostra organizzazione, ma è altresì importante trovare il modo di misurare quanto la nostra azione sia stata in grado di garantire l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità.

PROCESSO: Questo discorso si allaccia al terzo punto menzionato, che concerne il carattere partecipativo o meno del processo, e quindi il coinvolgimento degli stakeholder nell’attività di rendicontazione sociale. Tale coinvolgimento ci permetterebbe di definire in modo condiviso cosa è importante rendicontare e con quali indicatori farlo, ma soprattutto ci permetterebbe di perseguire quella finalità migliorativa dei nostri processi interni, di cui si accennava prima, che può contribuire a costruire significato intorno a ciò che si fa, consolidando il senso di appartenenza alla nostra organizzazione.

 

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Cosa sono e come si arriva alla definizione degli indicatori?

Gli indicatori sono degli strumenti di misurazione a cui si arriva attraverso un processo di operativizzazione che parte da concetti ampi e complessi, per arrivare a concetti semplici, legati ai primi da un rapporto di indicazione o di significato, che siano traducibili in termini osservabili.

Come si realizza questo percorso?

Si identificano innanzitutto i concetti, le dimensioni da valutare, che sono le componenti salienti, gli elementi descrittivi di ciò che noi volgiamo valutare. E poi si passa ad individuare gli indicatori, trasformando le proprietà individuate in strumenti operativi, in elementi osservabili e misurabili.

Facciamo un esempio: poniamo che la nostra organizzazione eroghi un servizio e che un obiettivo di questo servizio sia quello di garantire risposte immediate alle esigenze dell’utenza, allora una dimensione da valutare sarà quella della tempestività dell’intervento. Ma come si misura la tempestività? Nel nostro esempio un indicatore della tempestività dell’intervento potrebbe essere rappresentato dai giorni che intercorrono tra la presentazione della domanda da parte dell’utente e la prima risposta del servizio. Per cui potremmo individuare una variabile che si può presentare in varie modalità: poniamo da 1 a 15 giorni – da 15 a 30 giorni – oltre i 30 giorni.

Ovviamente, sia nell’identificazione delle dimensioni da valutare che nell’individuazione degli indicatori, di fondamentale importanza è il coinvolgimento delle persone che fanno l’organizzazione, i cui risultati intendiamo valutare, piuttosto che individuarli asetticamente, dall’alto o attraverso un consulente esterno, e questo perché chi conosce il contesto specifico da valutare può fornire un aiuto cruciale nella definizione di un sistema di indicatori che ci permetta di misurare un certo fenomeno nel modo più accurato possibili. Così come, peraltro, il coinvolgimento e la partecipazione degli stakeholder sono importanti per ricevere informazione da più fonti, avere infatti un sistema ricco di indicatori potrebbe risultare sterile se le informazioni ci provenissero da un’unica fonte.

 

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PROCESSO

Come ben sappiamo (in quanto a nostra volta stakeholder di altri processi più o meno partecipativi, pensiamo soprattutto alla programmazione delle politiche sociali, alla definizione più o meno partecipata dei Piani di Zona), è possibile adottare diverse metodologie di ingaggio degli stakeholder, che riflettono differenti intensità di relazione e di confronto, e queste possono essere:

Inevitabilmente, non si possono coinvolgere tutti gli stakeholder con la stessa intensità: è quindi importante innanzitutto mappare i propri stakeholder e identificare quelli “portanti”, che si vogliono coinvolgere con modalità di dialogo e/o di partnership, e quelli che si ritiene di voler semplicemente informare.

D’altra parte, quando il processo viene messo in moto per la prima volta, viene spesso adottata una scorciatoia: ci si concentra sull’individuazione degli indicatori, sull’impostazione del sistema di monitoraggio e sulla redazione del documento, ipotizzando un coinvolgimento graduale degli stakeholder principali per le edizioni successive. Anche in questo caso, è tuttavia fondamentale almeno identificare gli stakeholder e costruire gli indicatori che si ritengono migliori per realizzare l’accountability nei loro confronti. E soprattutto è fondamentale avere con loro un rapporto chiaro e onesto rispetto a quale sarà il ruolo ricoperto nel processo di rendicontazione sociale, le modalità di coinvolgimento che si intendono adottare e le finalità del bilancio sociale. Nulla è infatti più fallimentare nei processi partecipativi che “tradire” le aspettative dei partecipanti.